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  • Trova il sistema

    Trova il sistema

    Riflessioni sistemiche su conoscenza, rappresentazione e caos. 

    Intuisco la complessità nelle cose apparentemente semplici e anche in quelle che semplici non sembrano. La capacità di comprendere la complessità è importante per affrontare la vita, tanto più nell’epoca dell’accelerazione tecnologica in cui viviamo. Acquisendo le competenze di base per riconoscere i sistemi complessi, introdurre degli esperimenti, e capirne il funzionamento, può consentirci di danzare con la complessità invece che esserne travolti.

    Avide Ambizioni e Complesse Intuizioni

    Voglio avere tutto. E se non posso averlo, allora voglio sapere tutto. E se non posso saperlo, allora voglio sapere come fare per saperlo.

    Immagina il cervello umano: miliardi di minuscole cellule che dialogano incessantemente tra loro creando la magia del pensiero e della coscienza. O pensa a Internet, una gigantesca ragnatela invisibile che ci connette tutti, facendo emergere continuamente nuove idee e comportamenti. Sapere può essere il surrogato del possedere. Così come l’artista possiede il soggetto che ritrae attraverso piccole macchie di pigmento depositate con cura, anche comprendere a fondo un concetto è una forma di possesso. In inglese si dice infatti: “To master a concept, a discipline, a topic.”

    Nel mio ingenuo e illuso sogno di intellettuale amatore, non posso evitare di avere intuizioni sulla realtà che conosco e, soprattutto, su quella che ignoro. Intuisco la complessità del mondo, della natura, della conoscenza stessa. Qualunque direzione prenda, mi trovo sopraffatto non da ciò che vedo, ma da ciò che percepisco dietro di esso. La mia grande frustrazione nasce da questa percezione muta: intuisco ma non riesco a spiegare chiaramente la complessità che mi affascina.

    Ubique Interconnessioni

    Spiegare la complessità senza menzionare la parola stessa. Per interrogarsi sulla sua natura. Non pensare ai sistemi ma alle foreste. Non ti soffermare sulle gerarchie, pensa alle relazioni familiari.

    Una barriera corallina non è solo un insieme di colori mozzafiato e forme intricate, ma un delicato equilibrio di vita in continua evoluzione. Le città, con le loro folle pulsanti e strade trafficate, raccontano storie nascoste di incontri casuali che cambiano vite e comunità intere. Esiste un filo nascosto che lega una foresta che si rigenera, una folla che cambia umore, un mercato che crolla, un’amicizia che nasce o si rompe. Non è magia, né semplice logica, ma un qualcosa di profondo e spesso invisibile.

    Chi ne percepisce le tracce non può più ignorarle. Un evento banale può svelare connessioni inaspettate, una casualità può mostrare un ordine nascosto. Ogni decisione rivela reti più grandi di quanto immaginato.

    Cosa accade quando riconosciamo ciò che era invisibile? Come cambiano il nostro pensiero e le nostre scelte? Se tutto è connesso, ogni decisione conta più di quanto immaginiamo. Siamo pronti a prenderne coscienza?

    Rappresentare per Comprendere

    Disegnare e modellare come surrogato del possesso: se posso crearlo, allora mi appartiene.

    Immagina il clima terrestre, un gigantesco puzzle dove ogni pezzo influenza gli altri, rendendo ogni previsione un’affascinante sfida. Oppure pensa all’economia globale, dove una singola transazione può creare onde che attraversano continenti.

    A volte rimango innamorato delle mie stesse idee e provo entusiasmi adolescenziali nel tuffarmi nei progetti più disparati. E’ solo quando mi scontro con l’esecuzione, i problemi e le loro infinite soluzioni, è solo quando mi sporco le mani con il lavoro di ricerca, sperimentazione e collaudo che cambia il sapore delle mie intuizioni. Quelle che erano visioni esaltanti di nuovi territori tecnologici ed intellettuali da conquistare, spesso diventano dure ed intense sessioni di lavoro nelle quali mi lambicco il cervello mentre progredisco scarsamente e con incertezza.

    Eppure la mappa dei pezzi visibili, le connessioni tra di loro a spiegarne il funzionamento, spesso diventano un primo approccio liberatorio. Visualizzare un contesto, un problema, un sistema è una potente attività di indagine che consente di definire e conoscere il contesto del problema che si sta affrontando. Rappresentare visivamente un sistema o un problema spesso è il primo passo per comprenderlo davvero. 

    La prototipazione diventa uno strumento fondamentale: un prototipo è una bozza rapida ed economica per esplorare possibili soluzioni prima della loro realizzazione definitiva. Spesso basta un disegno, una mappa o una rete di concetti per chiarire le idee e scegliere la strada migliore.

    Come si rappresenta l’amore?

     “There’s no love in a carbon atom,

    No hurricane in a water molecule,

    No financial collapse in a dollar bill.”  

    – Peter Dodds

    Non tutto si può disegnare. Non tutti i fenomeni sono rappresentabili.

    Come catturare la complessità emotiva di una relazione attraverso parole o disegni? Immagina una rete di amicizie e amori, emozioni che si intrecciano in modi sempre nuovi. O pensa all’arte, che sfugge alle definizioni precise, creando sensazioni che superano le parole stesse. Come si disegna un tornado? Una spiaggia di sabbia finissima? Come rappresentare il dolore, o il rapporto tra un padre e un figlio?

    La complessità di alcuni fenomeni risiede nella difficoltà stessa di rappresentarli. Quando mappare e inventariare non bastano, si ricorre ad altri approcci: narrare la natura del fenomeno, descriverne componenti e comportamenti.

    Ma quanti possono sentire la bellezza di un pezzo musicale leggendo lo spartito? Quante descrizioni diverse avremmo se chiedessimo di raccontare l’Adagio di Albinoni a dieci persone?

    Un bel problema

    Morte termica dell’Universo non ti temo.

    Immagina una pandemia globale, un piccolo virus che mette in ginocchio il mondo intero, mostrando l’incredibile interconnessione della nostra esistenza. Oppure pensa ai sistemi politici, intricati giochi di potere e influenze che spesso sfuggono alla nostra comprensione immediata.

    Definire la complessità è già un problema complesso. Mi affascina la difficoltà nel trovare definizioni semplici. Si parla di scienze della complessità perché questa non appartiene a una sola disciplina, ma richiede l’unione di molti approcci scientifici.

    Eppure, se chiedete a settantacinque scienziati la definizione di complessità ne otterrete settantacinque diverse versioni. 

    “Sapere Aude”

    In un mondo sempre più complesso, accelerato ed accelerante, nel quale tutto è interdipendente, aggrovigliato, interconnesso, perché sottoporsi alla tortura di studiare le cose più difficili al mondo?

    • Perché si può, come diceva il tizio che voleva scalare l’Everest.
    • Perché l’entropia dell’universo aumenta, la complessità può solo aumentare.
    • Perché comprendere il funzionamento delle cose è sia scopo totalizzante ed appagante sia mezzo per vivere e far vivere meglio.
    • Perché dobbiamo esplorare l’universo fino ai suoi confini, se ne ha, e tornare a casa con occhi diversi, o trovare nuove complessità da esplorare.
    • Perché dobbiamo osare sapere.

    Cerca il sistema: un approccio esplorativo

    “I think the next [21st] century will be the century of complexity.”

    – Stephen Hawking

    Ci serve, allora, sia una metodologia che una mentalità—un approccio alla complessità tramite osservazione sistematica, rappresentazione e interconnessione. Dobbiamo percepire i sistemi nascosti che operano sotto la superficie della realtà quotidiana: dalle dinamiche sociali ai fenomeni naturali, dai flussi di informazioni ai paesaggi emotivi.

    Possiamo cercare il sistema basandoci su tre principi fondamentali:

    1. Riconoscimento: Percepire modelli sistemici in fenomeni apparentemente caotici o isolati.
    2. Rappresentazione: Sviluppare strumenti e linguaggi per catturare sistemi che resistono alla modellazione tradizionale.
    3. Comprensione ricorsiva: Riconoscere che l’osservatore fa parte del sistema osservato, creando un ciclo di feedback continuo e reciproco: la nostra indagine influenza i sistemi, ed i sistemi influenzano la nostra comprensione.

    Potremo allora immaginare esercizi esplorativi, tecniche di visualizzazione e quadri concettuali per confrontarsi con la complessità senza semplificare eccessivamente. Abbracceremo il paradosso della comprensione dei sistemi complessi che richiede sia precisione analitica che intuizione olistica—la capacità di zoomare dentro e fuori diverse scale di organizzazione.

    Non si tratta di conquistare la complessità, ma di imparare a danzarci—imparare ad apprezzare la bellezza dei sistemi interconnessi mentre sviluppiamo strumenti pratici per navigare con maggiore consapevolezza ed efficacia.

    Cerca il sistema.

  • Il silenzio è dolce

    E’ raro trovare momenti di silenzio assoluto. Assordante. A volte è ambito. A volte è aborrito. Il silenzio che fischia nelle orecchie, attraversate da miliardi di globuli rossi che ossigenano il cervello.

    Sento il rumore dei miei pensieri. Interrotto dal battere del mio cuore. Calmo. Ma potente. Rimbomba nella stanza piena di aspettative.

    Uno scricchiolio mi distrae. Costa stavo pensando? Il silenzio incombe ma non lo cerco. Apro l’acqua. Rumore bianco. Lava la stanchezza dei miei padiglioni. Troppo hanno udito.

    Meglio il silenzio nascosto tra una goccia e l’altra. Uno schermo sonoro dall’incessante avanzare della notte. Scomodo. Il cuscino non accoglie più. Meglio a terra.

    Eppure mi sento volare. I piedi sfiorano la terra che scorre veloce. Lo stomaco sobbalza all’assenza di gravità. Ma è un sogno. Un bellissimo sogno.

  • La libertà fluente

    Senza uno scopo particolare, ma per il semplice gusto di esplorare oziosamente i pensieri, scrivo, qui, lentamente e spontaneamente.

    Per tanto tempo sono rimasto fermo ad aspettare: l’ispirazione, l’idea giusta, il momento giusto. Non esistono. Il momento è ora, l’idea si svilupperà, l’ispirazione è un’illusione.

    Che liberazione! Scrivere senza correttore ortografico. Senza AI. Senza scaletta. Senza scopo! Scrivere per il gusto di vedere le parole formarsi. Una dopo l’altra. Così, per poi, con la coda dell’occhio, notare l’accumularsi delle frasi. Il lento accatastarsi di pensieri. E mentre si accumulano le parole mai dette, le dita si sciolgono, si scaldano, scorrono guizzando sui tasti. Ma allore perché non dettare?

    Magari un’altra volta.